Origini storiche
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La Chiesa dei Britanni (una tribù, suddivisa in clan, appartenente alla popolazione celtica e stanziata in antichità sulle Isole britanniche) fu fondata da alcuni discepoli di Gesù provenienti dalle Chiese di Gerusalemme, di Efeso e dell’Egitto nell’anno 37. Uno fra tutti san Giuseppe d’Arimatea. Chiamata Chiesa celtica, nel corso dei secoli, in quanto tale popolazione delle isole fu tra le prime a ricevere il messaggio evangelico grazie ai viaggi missionari.

Di Giuseppe d’Arimatea si sa ben poco, le uniche informazioni certe sono quelle che ci derivano dai quattro Vangeli. Giuseppe è un uomo ricco, membro del Sinedrio, che ammira Gesù e ne segue gli insegnamenti (in segreto, per paura di ritorsioni). Con il permesso di Ponzio Pilato si occupa della sepoltura del Signore. Accompagnato da un certo Nicodemo depone il corpo dalla croce, lo ricompone con tutti gli onori e lo colloca nel suo sepolcro. Secondo la tradizione Giuseppe decide di portare il messaggio di Gesù Cristo per il mondo. Dopo un lunghissimo viaggio sbarca in Britannia (nome del luogo dato dai Romani all’attuale Gran Bretagna) ed esattamente a Glanstombury, nell’odierna Inghilterra.

Nell’anno 63 anche un altro discepolo partì per le Isole britanniche, poi diventando il primo vescovo della Britannia romana: sant’Aristobulo (uno dei settanta discepoli del Signore). In sei secoli queste isole vennero tutte cristianizzate.

Vicende principali
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La Chiesa celtica fin dalle sue origini fu l’unica istituzione ecclesiastica sulle Isole britanniche fino allo sbarco sulle sue coste, nel VI secolo d.C., dei delegati della Chiesa di Roma. Questo intervento pur di uniformare il Cristianesimo celtico a quello romano. Dopo aver corrotto funzionari e re, il clero di Roma ottenne il controllo politico-religioso di alcune aree della Britannia. Nel VII secolo d.C. fu fatto un altro tentativo di unificazione forzata della Chiesa celtica con la Chiesa romana. Il tentativo di dominio assoluto su tutto il Cristianesimo continentale, su quello mediorientale e appunto sul Cristianesimo insulare non riuscì totalmente. L’intento papale infatti non ebbe successo in tali isole per diversi secoli. La Chiesa celtica esercitò la sua importante missione in queste terre per oltre un millennio dell’era cristiana, mantenendo la freschezza della Chiesa apostolica fino al XIII secolo.

Successivamente, a causa delle persecuzioni da parte della Chiesa romana, la Chiesa celtica fu costretta alla clandestinità e tutto il suo patrimonio spirituale (alcune pratiche religiose, determinati riti e tutti i santi), dopo il processo di romanizzazione, venne assorbito dalla Chiesa di Roma che lo diffuse arbitrariamente come proprio. Alcuni cristiani celtici vissero la loro fede di nascosto, all’interno dei villaggi e delle città. Altri vissero la loro fede lontano da tutti, nei boschi delle Isole britanniche e sulle isole minori della Scozia. Poi, con le oppressioni della Chiesa anglicana, durante le Riforme ecclesiali del XVI secolo la Chiesa celtica scomparve quasi completamente dall’opinione pubblica. Con il passare dei secoli nella maggior parte della gente, culturalmente dominata dalle Chiese di Roma e d’Inghilterra, si perse il ricordo della Chiesa celtica. Essa invece sopravvisse grazie alla fede, alla forza e alla costanza dei suoi membri, clero e laici, fino a quando non venne formalmente restaurata nel XIX secolo (prima di tale evento le comunità dei cristiani celtici, diffuse dappertutto, non furono sotto un’unica entità ecclesiale).

Definizione corretta
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La Chiesa celtica fa parte della “Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica” che comprende pure le Chiese orientali, ortodosse, romana, valdese, evangelica (luterana), riformata (calvinista), inglese (anglicana), scozzese (presbiteriana), metodista, veterocattolica, battista eccetera.

Con il termine cattolico non si intende automaticamente, come sinonimo, la Chiesa cattolica romana. Quindi l’equazione cattolico = romano oltre ad essere sbagliata è soprattutto illegittima. Si fa riferimento invece al termine greco antico Kαθολικός, traslitterato in Katholikós, che significa Universale nel senso della Chiesa di Cristo diffusa nel mondo intero. La Cattolicità della Chiesa di Gesù Cristo infatti non è monopolio della Chiesa di Roma, sebbene essa la pretenda ad iniziare dall’aggettivo cattolico (considerarsi l’unica vera istituzione ecclesiale e perciò considerare false le altre istituzioni ecclesiali, come visto precedentemente e cioè per dominare su tutto il Cristianesimo mondiale). Quasi tutte le Chiese, di varie Confessioni cristiane, sono cattoliche in quanto si riconoscono nel Credo degli Apostoli e nel Credo di Nicea-Costantinopoli.

La Chiesa celtica onora, come ha sempre fatto, il vescovo di Roma come patriarca d’Occidente ma non come papa, essendo Cristo l’unico Capo della Chiesa la quale è il suo Corpo mistico sulla Terra. La Chiesa celtica allo stesso modo onora il vescovo di Costantinopoli (città attualmente denominata Istanbul) come patriarca d’Oriente.

Organizzazione ecclesiale
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Nella Chiesa celtica non ci sono papi, patriarchi, metropoliti e arcivescovi. Essa, a differenza di tutte le Chiese d’Oriente e d’Occidente, non è di tipo episcopale ma strutturata in modo monastico. Questo vuol dire che l’autorità assoluta non spetta ad un determinato vescovo ma all’abate.

Inizialmente, sulle Isole britanniche, non c’era un abate generale che governasse tutta la Chiesa celtica. Ogni abate era il responsabile del suo monastero e quindi dei suoi monaci (ordinati e laici). Tale abate governava altresì i propri vescovi, i presbiteri e i diaconi (sposati e celibi che vivevano e prestavano servizio fuori dal monastero, in zone particolari, poiché viaggiare era difficile e persino pericoloso), a lui sottomessi, preoccupandosi del loro benessere spirituale. Sempre il medesimo abate amministrava tutte le vaste aree intorno al monastero. Ciascun abate era uguale agli altri abati appartenenti ai diversi monasteri. L’abate, non necessariamente vescovo, era la persona più anziana del clero ed eletto con il voto del clero stesso. In seguito alla nomina egli veniva consacrato da tutti i vescovi, conservando il diritto di indicare il suo successore preferito.

Adesso la situazione è diversa. Dopo la restaurazione ufficiale della Chiesa celtica, essendo le sue comunità sparse in diversi paesi, si è reso necessario avere un abate generale al quale compete l’organizzazione di tutte le questioni ecclesiastiche. Egli regge tutti gli abati particolari dei singoli monasteri e tutti i vescovi (l’abate generale, giusto per far capire meglio, potrebbe essere quasi paragonato al patriarca in ambito ortodosso). In caso di necessità gli abati dei monasteri possono ricoprire temporaneamente l’ufficio di vescovo.

La Chiesa celtica, una delle più antiche comunità del mondo cristiano, è suddivisa geograficamente in province (più piccole rispetto alle diocesi tipiche delle altre Chiese).

Uomini servitori
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Nella Chiesa celtica il sacramento dell’Ordine è riservato soltanto agli uomini, secondo le prescrizioni della Sacra Scrittura e secondo la tradizione apostolica. Il clero è costituito dai monaci e dai chierici secolari (che vivono nel secolo e cioè nel mondo civile):

diaconi; presbiteri; vescovi.

Questi ultimi, allo stesso livello dei monaci, hanno solo la responsabilità nella sorveglianza della dottrina e nelle funzioni dell’ordinazione. Ogni vescovo è il responsabile della sua provincia ecclesiastica. I vescovi si riuniscono nei sinodi (nazionali ed internazionali) per discutere di questioni ecclesiali, morali e sociali oltre per incoraggiarsi e rafforzarsi a vicenda.

Il celibato non è una norma assoluta, infatti i chierici secolari possono scegliere il loro stato ovverosia sposarsi oppure rimanere celibi.

La Chiesa celtica non utilizza titoli altisonanti per definire i vari membri del suo clero, sebbene alcune figure abbiano gradi superiori di responsabilità. Essa per gli ecclesiastici adopera l’umile titolo di Fratello (per le monache il semplice titolo di Sorella), in modo coerente con gli insegnamenti biblici (a differenza degli appellativi vanagloriosi usati da molte altre Chiese). Non a caso il clero (monaci e chierici ma pure le comunità monastiche femminili) è sempre stato notato dalla gente per la profonda spiritualità, la grande umiltà, la costante semplicità e la disciplina ascetica.

Il corpo ecclesiastico celtico è autosufficiente e vive del proprio lavoro nella società. Esattamente come accadeva nella Chiesa apostolica, comprese le raccomandazioni di san Paolo vale a dire lavorare per guadagnarsi il cibo e non essere di peso a nessuno (purtroppo tante altre Chiese, venendo meno ai precetti neotestamentari, hanno creato vere forme di parassitismo sociale).

Culti essenziali
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La Chiesa celtica si impegna da secoli e secoli a diffondere il Vangelo, a servire Dio e il prossimo, a provvedere ai bisogni sacramentali e spirituali del popolo di Dio e a perseguire la santità.

Essa celebra la Divina Liturgia (in altre Chiese si chiama Santa Messa, Servizio Divino, Celebrazione Eucaristica, Santa Cena e Cena del Signore) e gli altri sacramenti secondo il rito celtico (in altre comunità cristiane ci sono i riti romano, ambrosiano, anglicano, bizantino, armeno, alessandrino, gallicano, mozarabico e via discorrendo).

Liturgie tratte dai più antichi Messali e Sacramentari celtici sopravvissuti (dopo le persecuzioni romane e le oppressioni anglicane), tuttavia usando le lingue moderne e dunque un linguaggio contemporaneo senza così perdere la bellezza dell’originario spirito cristiano-celtico.

La Chiesa celtica non celebra assolutamente il culto santo Ad Orientem (in latino significa A Oriente nel senso di essere rivolti verso Oriente e dando le spalle alla comunità). L’Ultima Cena non accadeva in un verso particolare e con Gesù che dava le spalle agli Apostoli. Poi il Signore nel suo insegnamento non aveva detto mai di adorare Dio in luoghi specifici e in direzioni speciali (Giovanni 4:24).
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